Le bombe italiane sulla guerra civile spagnola: una ferita ancora aperta
Tra il febbraio 1937 ed il gennaio 1939 i trimotori italiani Savoia-Marchetti colpirono più volte Barcellona e altre 143 località catalane. I raid aerei si inquadravano nelle operazioni di supporto militare che Mussolini ed Hitler garantirono a Francisco Franco. Su iniziativa di un’associazione antifascista è stata avviata un’azione legale contro gli autori dei bombardamenti. E anche il Comune si è costituito parte civile
di Mario Magarò
19 dicembre 2016
“Iniziare da stanotte azione violenta su Barcellona con martellamento diluito nel tempo”. Così recitava il telegramma inviato da Roma al Generale Velardi, capo dell’Aviazione Legionaria di stanza a Maiorca, il 16 Marzo 1938. Il capoluogo della Catalogna fu investito per due giorni consecutivi da 44 tonnellate di bombe, sganciate ad intervalli di 3 ore, che causarono circa mille morti tra la popolazione civile. Si trattò del bombardamento più duro sofferto dalla città durante la Guerra Civile spagnola, una violenza che suscitò la reazione sdegnata del Segretario di stato Usa appoggiato da Francia e Gran Bretagna.
Tra il febbraio 1937 ed il gennaio 1939 i trimotori italiani Savoia-Marchetti colpirono più volte Barcellona ed altre 143 località catalane, mentre gli Stuka della Legione Condor tedesca martellavano il fronte centro-settentrionale della Spagna. I raid aerei si inquadravano nelle operazioni di supporto militare che Mussolini ed Hitler garantirono a Francisco Franco nella Guerra Civile, risultando decisivi ai fini della vittoria franchista.
Gli attacchi avevano il duplice obiettivo di sfiancare la resistenza repubblicana e sperimentare la nuova tecnica dei bombardamenti a tappeto su obiettivi civili; una tattica militare impiegata su larga scala, successivamente, nella Seconda Guerra Mondiale. Il bilancio finale delle incursioni italiane fu di circa 5000 morti, cifra resa meno pesante dalla costruzione di migliaia di bunker antiaerei da parte della popolazione.
Nel 1998 il Parlamento tedesco ha presentato scuse ufficiali per la distruzione di Guernica, la cittadina basca rasa al suolo dall’aviazione nazista nel 1937. L’Italia, dal canto suo, non ha mai ammesso la propria responsabilità per i bombardamenti sulla Catalogna, allineandosi al “pacto del olvido” in vigore tra le istituzioni spagnole dopo la caduta del franchismo.
Un silenzio che ha indotto l’associazione “AltraItalia”, fondata da italiani antifascisti residenti a Barcellona, ad agire legalmente contro gli autori dei bombardamenti, accusati di violazione del diritto internazionale. La denuncia, presentata nel 2011 davanti al Tribunale centrale di Madrid, è stata inizialmente rigettata per incompatibilità territoriale, venendo accolta due anni più tardi dal Tribunale di Barcellona. A sporgerla formalmente sono state alcune vittime dei bombardamenti ancora in vita, appositamente sollecitate da “AltraItalia” che si è poi costituita parte civile. “Si tratta di una causa per crimini di guerra e lesa umanità, reati imprescrittibili secondo la giurisprudenza internazionale, contro i membri dell’Aviazione Legionaria responsabili dei raid su Barcellona” spiega a L’Espresso l’avvocato Anais Franquesa “I denuncianti sono Anna Raya, 85 anni, rimasta ferita dallo scoppio di una bomba, ed Alfons Cánovas, 95 anni, il cui padre fu ucciso mentre lavorava al porto. Si chiede all’Italia di fornire le generalità di tutti i militari coinvolti negli attacchi, così da stabilire chi è ancora vivo e dove risiede”.
L’obiettivo dell’azione legale è fare pressione sul governo italiano, in quanto istituzione succeduta nel tempo al regime di Mussolini, affinché garantisca una riparazione ufficiale per i reati contestati agli aviatori legionari. Il processo, ancora nella fase istruttoria, è stato finora contrassegnato dalla reticenza delle autorità di Roma a trasmettere informazioni sull’identità dei piloti, limitandosi a confermare il decesso di alcuni di loro.
Una condotta che ha generato forte tensione tra le parti, acuita dalla notizia della medaglia conferita dal Ministro della difesa a Luigi Gnecchi, pluridecorato aviatore che aveva operato in Spagna ed Inghilterra, per i suoi 100 anni. La scoperta dell’esistenza in vita di uno dei piloti ha spinto il magistrato titolare dell’inchiesta a presentare una rogatoria, non accettata, per interrogare Gnecchi sul ruolo avuto nella campagna spagnola; lo stesso ex militare ha poi dichiarato alle autorità italiane di non aver preso parte ai bombardamenti sulla Catalogna.
Nell’ottobre 2015 il Comune di Barcellona si è costituito parte civile, una decisione in linea con il nuovo corso politico instaurato dall’elezione a sindaco di Ada Colau, come sottolinea l’assessore Jaume Asens: “Avevamo un obbligo giuridico e morale verso la cittadinanza, è una causa terapeutica per le vittime ed i loro familiari perché non si tratta di avvenimenti lontani nel tempo. Il governo italiano ci deve delle risposte”. Il processo ha assunto un importante significato storico, trattandosi dell’unica causa su reati commessi durante la Guerra Civile e la dittatura franchista attualmente aperta in Spagna. I militari italiani sono giudicabili perché non beneficiano della Legge di Amnistia del 1977, che ha impedito fino ad ora ogni giudizio sui crimini del franchismo.
Le bombe italiane sono una ferita ancora aperta nella società catalana, come dimostrano le numerose iniziative sorte in ambito pubblico e privato per mantenere viva la memoria di quegli anni. Un ricordo tragico, fortemente legato all’ideologia indipendentista che permea attualmente la Catalogna, di cui è espressione la campagna “Bombe di impunità”, presentata a Barcellona nei mesi scorsi. “Apparteniamo tutti alla società civile, alcuni provengono da associazioni di quartiere, altri dai sindacati…Ci accomuna il bisogno di ristabilire la verità storica sui bombardamenti e di garantire giustizia alla popolazione aggredita” raccontano alcuni sostenitori.
A differenza della causa intentata da AltraItalia, la campagna si dirige contro tutti i regimi (Spagna, Italia e Germania) coinvolti nella Guerra Civile, esigendo dagli attuali governi in carica un riconoscimento ufficiale delle violazioni di diritto internazionale perpetrate dai loro predecessori istituzionali ed un risarcimento simbolico per le vittime civili. Insieme ad attività di lobbying presso istituzioni locali ed europee, gli organizzatori si propongono di agire anche per via giuridica, facendo leva sulla responsabilità civile che ricade sui governi nel caso di crimini di guerra. Lo scopo, sottolineano con fermezza, è quello di chiudere i conti col passato una volta per tutte.